Addio Missoni, firma della moda e atleta azzurro
9 - maggio - 2013 by Laura
In silenzio e discretamente come ha visuuto, a 92 anni compiuti, si è spento nella sua casa di Sumirago Ottavio Missoni, fondatore con la moglie Rosita del famoso marchio italiano di moda. “Vorrei morire come mia madre”, diceva canzonatorio nelle interviste, “una donna che non ha mai chiesto un bicchier d’acqua a nessuno e che mi ha cresciuto nel culto dell’autosufficienza”.
Ottavio era così: un uomo ostinato e caparbio, con l’orrore della guerra alle spalle e lo splendore della moda e del Made in Italy ad aspettarlo davanti a sé, oltre le macerie dei bombardamenti di Zara, l’amata città dove passò l’infanzia e l’adolescenza.
Nacque nel 1921 a Ragusa, nel Regno di Jugoslavia. Fin da giovanissimo, si appassionò ai libri e allo sport. “La lettura è stata basilare nella mia vita. Penso sia come l’amicizia: costa poco e ti dà tantissimo. Con una spesa di pochi euro puoi permetterti il lusso di passare una serata con il signor Voltaire”. Il giorno, però, lo passava sulla pista da 400 metri ad ostacoli, guadagnandosi la maglia azzurra nelle Olimpiadi del 1935. Nel ’39 diventò campione mondiale studentesco a Vienna e più tardi si arruolò nell’esercito. Nel ’42 partecipò alla battaglia di El Alamein, il lungo conflitto tra l’esercito italo-tedesco e quello britannico. Venne fatto prigioniero in Egitto, per quattro anni, e tornò in Italia soltanto nel 1946.
Iniziò il Liceo e una nuova vita. Nel ’48, mentre portava la bandiera della squadra italiana alle Olimpiadi di Londra, venne notato da Rosita Jelmini, una giovane ragazza la cui famiglia possiede una fabbrica di scialli e tessuti a Golasecca, in provincia di Varese. “Ecco l’uomo che sposerò”, racconterà più tardi Rosita, ricordando quel momento. Aveva ragione: il loro incontro avvenne più tardi, in Trafalgar Square, sotto la statua di Cupido, come in una telenovela.
La loro storia, però, non ha niente di zuccheroso e di stereotipato. I due si sposarono nel ’53 e passarono subito dall’altare alla macchina da cucire Rachel. I due la impiegarono per maglie e abiti, improvvisando un laboratorio a Gallarate, praticamente nella cantina sotto casa. Fu così che nelle nebbie degli inverni della Lombardia, regione che scaldò i motori del miracolo italiano, nacque il marchio Missoni.
Tra fili e colori, tra sudore sulla fronte d’agosto e mani ghiacciate a dicembre. Sopra si viveva, sotto si lavorava, finché i confini non si videro più.
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